È passato un anno dal Training che a Lecce ha dato avvio, lo scorso ottobre 2016, al progetto “Restorative Circle for Citizens in Europe”, progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma “Europa per i Cittadini”. Grazie a questo progetto, tra gennaio e giugno è stato possibile organizzare degli incontri secondo la metodologia dei restorative circle in 9 città di cinque nazioni: Italia, Grecia, Ungheria, Germania e Danimarca. Quanti hanno accolto l’invito a partecipare si sono incontrati per parlare di Europa, delle speranze e dei dubbi di un progetto politico di integrazione messo fortemente in dubbio da più parti in questi ultimi anni.
Abbiamo chiesto a Susanna D’Amato (partecipante ai circle svoltisi a Taviano, Lecce) e a Thimoty D. Thomas (membro del circle milanese) di condividere con noi un ricordo/testimonianza della loro esperienza.
A Taviano DEMOSTENE Centro Studi ha potuto contare su un partner di eccezione: TaliAnxA Compagnia Teatrale ONLUS. È stata infatti tutta l’associazione ad aderire compatta ed entusiasta al progetto, e i suoi soci (tra cui Susanna) sono stati i principali protagonisti e animatori dei circle salentini. Susanna condivide con noi il vivido ricordo del suo primo circle, lo scorso gennaio. Thimoty, che ci dà un resoconto della sua esperienza come partecipante dei circle di Milano, offre un punto di vista particolare sul progetto, che si potrebbe definire quasi “esterno”. Timothy è infatti un cittadino statunitense che però ha vissuto molti anni in varie città del Vecchio Continente. Quello dei Restorative Circles è il primo progetto europeo a cui ha preso parte. Ha scritto la sua testimonianza in inglese, sua lingua madre. Ve la proponiamo qui nella versione originale.
Buona lettura!
UN APPUNTAMENTO AL BUIO CON L’EUROPA
Come probabilmente tutti i partecipanti mi sono avvicinata al primo incontro con un misto di preoccupazione e curiosità, non avendo la minima idea di cosa ci aspettasse. Avete presente un appuntamento al buio? Ecco, così … soltanto che il mio appuntamento era con 20 persone e non con una! Immagino che la stessa sensazione l’abbiano provata anche gli altri partecipanti.
L’accoglienza, però, è stata molto rassicurante. Le presentazioni, il sollievo di vedere anche volti conosciuti, il grande piacere di scoprire che c’era anche chi si era fatto parecchi chilometri di strada per essere presente. Persone di ogni età accomunate dalla stessa curiosità e voglia di esprimersi. Il momento dell’accoglienza si è prolungato con la realizzazione dei nostri cartellini con i nomi. Inizialmente con qualche imbarazzo, poi con gusto ognuno ha decorato il proprio cartello appendendoselo al collo. Potersi chiamare per nome ha la sua importanza! Ci siamo accomodati in cerchio, al centro campava un tappeto rotondo, coloratissimo, giallo e arancio, sul quale ognuno aveva posato un oggetto in qualche modo riconducibile al tema del circletime. Il primo moderatore ci ha porto i saluti a nome dell’associazione Demostene e ci ha illustrato la modalità di conduzione del dibattito. Un “testimone”, chiamato talking piece, ci avrebbe disciplinato i nostri interventi, stabilendo il punto di partenza e la durata, nel senso che solo il momentaneo possessore del testimone avrebbe potuto parlare ed egli stesso avrebbe deciso quando passarlo avanti, seguendo l’andamento del cerchio. Questa tecnica era stata mutuata dai nativi nord amerindi. In realtà la conoscevo già e sapevo che in alcuni momenti, soprattutto se avessimo affrontato un argomento “caldo”, questo modo di limitare gli interventi spontanei, sarebbe potuto stare stretto a qualche interlocutore. Comunque la proposta è stata accettata di buon grado e ognuno di noi ha spiegato il particolare significato che il proprio oggetto ricopriva. Molti si sono rivelati estremamente personali; il mio, un opuscolo per il conseguimento della ECDL, a confronto mi è apparso molto “razionale”.
Il secondo giro ci sarebbe servito per esprimerci riguardo agli oggetti portati dagli altri. Molto gettonata è stata una fotografia a testimonianza di una storia di emigrazione e conseguente emarginazione. Molti hanno espresso la fiducia e speranza nel fatto che ciò non oggi accada più . A testimoniarlo vi erano vari oggetti legati ai ricordi di esperienze con Erasmus, tutte estremamente positive. Un piccolo “giallo” si è sviluppato attorno ad un nastrino – neanche a dirlo: di colore giallo – il quale, a quanto pare, non era stato depositato da nessuno, eppure aveva attirato l’attenzione di molti di noi, attribuendogli simbolismi e significati e suggestioni personali. Nemmeno al momento del primo coffe break si è scopeto a chi appartenesse quel nastrino ripiegato e legato! Sarà caduto accidentalmente dal sacchetto nel quale i moderatori tenevano il materiale occorrente per fabbricare i cartellini? Seconda ipotesi: l’avranno posto lì essi stessi per incuriosirci? Il mistero non è stato ancora svelato!
La pausa caffè è arrivata in un baleno. Nessuno si era reso conto di come fosse trascorso velocemente il tempo. Eppure avevamo fatto solo due giri di testimone. E nessuno aveva approfittato in maniera eccessiva del tempo concesso; era nata una forma di rispetto spontanea nei confronti di tutti partecipanti. Caffè, the, succo di frutta, muffin, squisito cioccolato bielorusso hanno accompagnato le nostre chiacchiere durante il break. Siamo, quindi, tornati in cerchio per riprendere lo scambio di opinioni sugli oggetti. Era quasi sorprendente come tutti, in effetti, pur non avendo cambiato argomento di discussione, avessimo ancora qualcosa da dirci. Al termine ci siamo salutati per ritrovarci il mattino del giorno seguente.
Arrivata la domenica sono tornata alla riunione con maggiore tranquillità, ormai sapevo che non si sarebbe trattato di dare sfoggio ad una qualunque “conoscenza” sull’Europa. Arrivati tutti abbiamo trovato sulle nostre sedie un foglietto colorato ed una penna. Ci è stato chiesto di scrivere due valori per noi fondamentali. Di getto ho scritto onestà e rispetto. Meglio non stare a pensarci, altrimenti mi sarebbero venute in mente mille altre parole. Abbiamo deposto sul tappetino il nostro biglietto e, a turno, abbiamo motivato le nostre scelte. Intanto, una moderatrice, prendeva man mano nota delle nostre proposte su un grande cartellone affisso al muro. Con la maggior parte delle proposte mi trovavo più che d’accordo, mentre per qualche altra avevo qualche perplessità, non riguardo alla validità, ma sul fatto se potesse essere considerato un valore o meno, per esempio il “successo”. Però, avendo io scritto “rispetto” non mi sentivo certamente in diritto di criticare le opinioni di altri. Durante il secondo “giro” abbiamo commentato e fatto propri spunti di altri. Io ho subito aggiunto la parola “famiglia”, pentendomi, in realtà, di non averla scritto fin dal principio. Mi è piaciuto tanto ascoltare i giovani, essendo io ormai di mezza età, esporre con entusiasmo e convinzione i loro valori, sani e altamente condivisibili. Ciò mi fa ben sperare nel futuro del mondo!
La pausa pranzo è stata graditissima e dopo un buon caffé si è ripresa con rinnovato slancio l’attività. Ci siamo riaccomodati per affrontare un argomento, questa volta senza l’aiuto del talking piece, apparentemente inutile: come regolamentare la successiva discussione. In realtà ci siamo soffermati davvero a lungo, non l’avrei immaginato, finché abbiamo stabilito delle regole, non interamente condivise, ma nell’insieme accettate da tutti. Abbiamo ripreso l’uso del testimone, che in questa fase stava stretto soprattutto ai più giovani del gruppo, mentre altri riconoscevano che, il fatto di non poter rispondere di getto, costringeva comunque ad una riflessione più lunga prima di parlare e poteva evitare l’eccessivo accendersi del dibattito.
L’argomento successivo ci ha portati nel vivo del tema Europa; ci è stato chiesto prima di spiegare cosa ci facesse venire in mente la parola “Europa”, durante il secondo giro cosa ci ricordasse la “Unione Europea”. E’ venuto fuori che buona parte di noi sovrapponeva automaticamente la Unione Europea alla Europa fisica. Inoltre la percezione generale era legata ad una unione più economica che sociale e di intenti. Dopo il coffe break siamo tornati a sederci per riprendere il dibattito.
Ho trovato singolare, che, pur trovandomi in un gruppo “europeista” molte nostre esternazioni dimostravano un forte euroscetticismo. Non riguardo all’idea stessa di una Europa unita, ma riguardo alla direzione socio-economico-politica che tale organizzazione, secondo la nostra percezione di comuni cittadini, stava prendendo. Il tempo a disposizione era scaduto. Peccato, ci sarebbe stato ancora tanto da dire. Ci siamo salutati con un rito simbolico di comunione, legando delle cordicelle le une alle altre, prima di rompere il cerchio. A rivederci presto! Non vediamo l’ora!
Susanna D’Amato
THE CIRCLE METHODOLOGY, A HOPE FOR DIALOGUE
I was privileged and pleased to attend the meetings of the project “Restorative Circles for Citizens in Europe” held in Milan from January to June 2017. It was my first experience with the Circles philosophy. I was particularly interested to apply the Circles methodology in relationship to the European project. Through the Circles encounter I was able to listen, to speak, to share, and to learn from the other participants. As an American living in Europe I valued this opportunity to engage with my adopted community, which I care about and to which I attempt to positively contribute. The Circles project gave me hope for dialogue and mutual investment in society, which is especially important these days.
The Circles spirit of cooperation and collaboration made a powerful impression on me. I learned about the significance of the physical circle at the center of our group as well as the symbolic circle that we all held in common. I quickly relaxed and comfortable with the individuals around me. They quickly went from being strangers to neighbors. As we moved around the circle and discussed our values and ourselves, I learned that the Circles methodology is something that serves to unite very different people in a unique and intimate way. The long period of introducing the Circle and of establishing our code of conduct was an excellent prelude to discuss the main question of citizens in Europe in 2017. Everyone took mutual ownership of the project as also learned to respect one another’s contributions. Above all, the token piece was an excellent object and symbol to regulate speech and to pace the discussion.
My experience was very positive. We took time to answer a series of linked questions regarding the concept of Europe, the European project, and our own experiences of the European project. I am an American but have lived and worked in many European countries over the last ten years. Thus I have my own perspective and experience of the European project, which I value and regard in a positive manner. This proved to be useful and especially constructive as we interacted with one another in group. During the process of listening, speaking, and responding we developed our thoughts and were able to think through the questions posed to us. We found unity in our diversity.
The very first question asked to the circle from our facilitators was a very simple one, namely, “What do you think regarding the European project?” Our group considered divisions and also shared points among European nations and peoples. We related this to the concept of our circle held in common. We also discussed the question of immigration using the Circles philosophy of welcome and accommodation. As part of an attempt to consider an improved European project, we discussed strengthening the European institutions and in particular the European parliament. One point that emerged was that the European institutions and project needed to become more transparent and effectively communicate with European citizens, just as the Circles philosophy encourages honesty and discussion. This could strengthen Europe and engage its people. Our group produced interesting and diverse responses, which were always respectfully guided by our token piece.
In my opinion, the Circles philosophy is well adapted to a discussion of the European project: both are communal projects with communal goals. For example, the Circle cosidered the question of a universal basic income as guarantee of human dignity and security. This could strengthen European society by providing opportunities for personal development and employment. The Circles methodology provided us with an opportunity to consider that the European project is and ought to be primarily organized for its citizens. A strong component of this social focus needs to be the development of the social state, which is a defining characteristic of Europe in the last sixty years. A stronger social state could also better address the question of young people in Europe, providing them with opportunities to develop their talents and then to use them in the European Union. The European Project and the Circles Project are both focused on development and support of their citizen participants.
Davide Boniforti, Carlo Pistoni and Emanuele Murra were excellent facilitators for our Circles meetings. They explained the methodology and philosophy very clearly. They also positioned themselves as members of the Circle rather than as individuals in positions of power. Because of them the encounter proceeded very well. They were prepared and attentive to the participants. They connected with the participants, who were very diverse. At the same time they advanced the project and facilitated our discussion in a warm yet professional way. Davide and Carlo’s training as psychologists and familiarity with the Circles methodology were both very valuable.
The experience of the “Restorative Circles for Citizens in Europe” made a very positive impression upon me. I had never encountered the Circles methodology and philosophy but immediately appreciated it. I particularly valued its use of the symbol of the circle and the token piece, as well as the activities designed to bring the participants together in an atmosphere of mutual support and involvement. I am looking forward to a new serie of meetings to continue our discussion of the European project for 2018 and beyond.
Timothy D. Thomas
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