di Francesco Piccolo*

Famiglia. Minori.
Due parole ricorrenti in questi travagliati giorni di inizio primavera.

La prima, famiglia, ha diviso e contrapposto chi la cristallizza nello stereotipo tradizionale definendola “naturale” e chi invece la declina in tutte le forme presenti. Cristallini vs Declinanti.

Madre, padre, figlio/i è, sostengono i fautori della “naturale” , il nucleo familiare più diffuso e quindi il più aderente ad un ordine naturale. Tuttavia, controbattono i Declinanti, attualmente più nuclei sembrano condividere l’elemento “padre” o “madre” annullando di fatto l’idea stessa di nucleo, indivisibile per definizione.

Occorre quindi tener presente la caducità del genere umano e protendere ugualmente alla “naturale” come ad un ideale. E cosa non si farebbe per un ideale? Sostare con simulacri e feticci, distribuire gadget, marciare, ritmare slogan, esibire bandiere.

La seconda parola, minori, fa pendant con la prima. Tutelare la famiglia è – dovrebbe essere – tutelare i minori.

Come in Romeo e Giulietta di Prokofiev, Verona è scossa dallo sfidarsi dei cavalieri di questa crociata e assiste attonita alla danza dei Cristallini (Capuleti) e i Declinanti (Montecchi). Analizziamo in elenco e poi in dettaglio alcuni eventi che hanno seguito la sessione congressuale di Verona, tenendo presente che, trasversalmente, ci si erge tutti a paladini della famiglia e dei minori.

Eppure, solo pochi giorni dopo Verona: 

  • il 2 aprile a nuclei familiari tradizionali viene negato il pane;
  • il 3 aprile viene pubblicato il decreto ministeriale che ripristina sulla carta d’identità per i minorenni la dicitura “madre” e “padre”;
  • il 5 aprile viene richiesto ai padri di separarsi dai figli e dalle mogli, ossia dalle madri dei loro figli.

2 Aprile. A Torre Maura, quartiere a sud di Roma, vengono trasferite 70 persone di etnia rom; tra loro 33 bambini. Insorge una parte del quartiere, furiosamente contraria. L’azione di protesta è sostenuta da movimenti di estrema destra, il cui gesto più eclatante è gettare il pane destinato a queste famiglie, compresi i 33 bambini. 

3 Aprile. Il giorno dopo diviene attuativo il decreto ministeriale che, modificando una norma precedente, ripristina sulla carta di identità di un minore la dicitura “padre” e “madre” al posto della dicitura genitore 1 e 2. Il Ministro ritiene di perseguire così di tutelare l’interesse dei minori in balia di ideologici “capricci” di uomini e donne che, non paghi di essere coppia, aspirino alla genitorialità. Nell’esclusivo interesse del minore gli si nega pertanto l’identità, per la scelta discutibile, scomoda, ma pur sempre reale e oggettiva di due donne o due uomini di averlo, crescerlo ed educarlo come loro figlio/a.

5 Aprile. Le madri presenti sulla nave Alan Kurdi  al largo di Lampedusa si rifiutano di scendere sul suolo italiano con i loro figli, ma senza i padri di questi. Queste famiglie preferiscono soffrire ancora, sfidare il mare virando verso Malta (che non pone condizioni capestro) piuttosto che separarsi, come propone il governo italiano. Difficile capire come una tale separazione sia compatibile con quanto recita la Costituzione italiana nell’articolo 29 sulla Famiglia:

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

La contraddizione tra la tutela dei minori e questi recenti avvenimenti potrebbe non saltare subito agli occhi. Eppure quello che questi fatti sembrano indicare è che:

  • ad un famiglia naturale il pane non si nega a meno che non sia rom;
  • ad un bambino/a non si nega l’identità a meno che non sia figlio/a di coppia omosessuale;
  • un padre non può essere separato dalla sua famiglia naturale a meno che non si tratti di migranti.

Pertanto, che i minori vanno difesi se:

  • non sono rom;
  • non sono migranti;
  • non sono figli di famiglie omosessuali. 

In soli tre giorni un cortocircuito che dovrebbe destare interesse se la rabbia, malattia virale prima ancora che sentimento umano, non ci obnubilasse il cervello; se ci si contrapponesse non per fede di fazione ma animati da spirito critico e volontà di compiere un’autentica riflessione sui modi migliori di proteggere fondamentali valori in una realtà pur sempre imperfetta e cangiante.

Se tutto questo dissertare sulla tutela dei minori e delle loro famiglie non si riducesse a scontro ideologico, fatto di masse contrapposte, ma al contrario si accendessero i riflettori sulle eccezioni che insinuano la norma, forse si potrebbe smettere di gridare e sarebbe possibile un autentico dialogo.

* L’autore, socio di DEMOSTENE Centro Studi, è psicologo esperto in DSA e mediatore familiare.

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